Cambogia:
ho visto un supermarket di
Bambini |
Estratto
da 'D', inserto di Repubblica del giorno
19-10-2002
|
HO VISTO UN SUPERMARKET DI BAMBINI
In Cambogia la nuova, unica, risorsa sono i
piccoli. Da vendere, da comperare. Come figli o amanti. Lo
scandalo è partito dagli Usa, dove il governo per fermare
questo business gigantesco e crudele non concede più visti
d'ingresso ai neonati " adottati ". Una giornalista di
D è entrata negli orfanotrofi di Phnom Penh. E racconta.
Christina non ha nessuna colpa, e nemmeno Edith.
Sono americane, sulla trentina, il loro sogno era avere un
bambino, sono venute in Cambogia per adottarlo. E ora non
possono tornare negli Stati Uniti con i loro nuovi figli perché
l'America, dalla primavera scorsa, ha deciso di non concedere più
visti ai figli adottivi cambogiani. Si teme, infatti, che non
siano bambini orfani o abbandonati, ma bambini venduti dai
genitori per bisogno, bambini rapiti nei villaggi. Insomma,
bambini " sporchi " che intermediari senza scrupoli
" riciclano " fornendo falsi documenti e offrendoli a
organizzazioni per l'adozione internazionale, che non
dovrebbero, quindi, agire a scopo di lucro. Invece sembra che ci
sia il lucro, eccome. E pure l'inganno.
A Christina avevano garantito che la piccola di
otto mesi che stringe tra le braccia, e che considera ormai sua
figlia, era una trovatella senza nome: lo certificano i
documenti che la riguardano e portano il timbro di uno dei tanti
orfanotrofi di Phnom Penh che ora sono sotto inchiesta da parte
del consolato americano e delle autorità cambogiane. Così
Christina rimane e Phnom Penh, assieme ad altre madri americane
che non vogliono partire lasciando i " loro " bambini
in Cambogia. Li cullano, li nutrono, li vestono, li portano a
spasso e, attorno alla carrozzina guidata da una bionda donna
americana in cui sorride un piccolo cambogiano, capita che si
radunino decine di persone che mormorano " che bambino
fortunato....".
Fortunato perché se ne va in America. Perché
non patira' mai la fame.
Per la maggior parte dei cambogiani che tirano
avanti con meno di un dollaro al giorno, i bambini che lasciano
il Paese sono di certo fortunati. Ma la fortuna ha, per lo meno
finora, arriso anche ai vari mezzani, intermediari e funzionari
governativi corrotti che sono riusciti a trasformare l'adozione
in un business, gli orfanotrofi in una sorta di supermarket
dell'infanzia, come ha messo in luce un'approfondita inchiesta
di Sara Corbell, pubblicata la scorsa estate sul New York Times
Magazine.
Bisogna infatti stimare quanto costa un bambino:
poco o niente alla produzione, basta partorirlo, o rapirlo.
Subito lo si può vendere per 200 dollari a un mezzano, il quale
lo rivende per 1000 a un orfanotrofio specializzato in adozioni
internazionali che lo consegnerà alla famiglia adottiva alla
quale l'operazione ne costa dai 18mila ai 28mila. In quali e quante tasche vanno a finire questi
soldi? Una piccola parte della cifra di sicuro e' destinata al
mantenimento del piccolo fino al momento in cui non trova
sistemazione e, in genere, il piccolo non aspetta troppo a lungo
perché le leggi cambogiane permettono, a differenza di quelle
di altri Paesi, adozioni rapide.
Dal momento della richiesta di
adottare un bambino al momento della consegna, passano al
massimo dai tre ai sei mesi, e questo spiegherebbe, secondo
quanto scrive Sara Corbell, come mai vi sia stato un boom in
America delle adozioni in Cambogia: se ne registrarono 249 nel
1998, e ben un centinaio alla settimana nei primi sei mesi del
2001, fatto che spiega anche come mai negli ultimi due anni
siano sorte decine di nuovi orfanotrofi. Qui sono ospitati
bambini che, come ha detto l'ambasciatore americano a Phnom
Penh, sembrano "fatti su misura per soddisfare i gusti dei
genitori americani" . Sono infatti per lo più bambini
sani e vispi, e sono in genere disponibili pi femmine che maschi
(gli americani preferiscono le bambine). Ma in realtà in
questi supermarket dell'infanzia si offre di tutto. E' scritto
su un volantino pubblicitario di uno dei tanti orfanotrofi di
Phnom Penh: " Abbiamo a disposizione bambini di entrambi i
sessi, colorito che va dal beige chiaro al color caffelatte, età
variabile da 0 a 8 anni, condizioni di salute abbastanza buone.
Disponiamo inoltre di gemelli nonché di bambini con lievi
difetti fisici che possono rendere il vostro gesto umanitario
ancora più meritevole".
Tutti i piccoli, si assicura poi, sono stati
ripuliti, disinfettati, sottoposti ad analisi del sangue perché
con l'Aids che in Cambogia impazza potrebbero essere
sieropositivi.
E i bambini sieropositivi non sono proponibili
per l'adozione. E nemmeno quelli affetti da epatite B e C o da
sifilide. Uno di questi orfanotrofi garantisce anche che gli
esami medici sono stati eseguiti da un'èquipe internazionale.
Quanto alla eventualità che alcuni degli adottandi siano
malnutriti, questo non e' considerato un difetto grave: in
Cambogia, questo massacrato Paese che e' stato per anni la
metafora della sofferenza, ancora si muore, di fame e di tutti i
mali connessi alla fame.
Anzi, e' un miracolo se ancora la Cambogia
esiste: dopo essere stata bombardata dagli americani all'epoca
della " sporca guerra " del Vietnam; conquistata dai
Khmer Rossi che imposero il più assurdo dei regimi seguendo gli
ordini del Fratello Numero Uno, Pol Pot (dal 1975 al 1979 si
contarono quasi tre milioni di morti nei "Killing fields"); invasa dal Vietnam; dilaniata dalla guerra civile fin
quasi ai nostri giorni. Eppure, nonostante tutto, la Cambogia
c'e' ancora, anche se non conta niente nello scacchiere
internazionale. E ha, come unica ricchezza, la sua gente: undici
milioni di persone, più del cinquanta per cento di età
inferiore ai quattordici anni. Per questo non stupisce che la
sua unica risorsa siano i bambini: bambini da vendere, da
comprare, da esportare negli Stati Uniti, una
"fortunata" minoranza.
(di Renata Pisu)
|
|