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Bambini stranieri adottati e poi restituiti

BIMBI ADOTTATI, POI RESTITUITI

Estratto da Repubblica del 17 Dicembre 2003

L' 1,7 % degli stranieri costretti al secondo trauma

Ricerca dell'Istituto degli Innocenti sulle famiglie che non riescono a creare la giusta relazione con il "nuovo figlio"

ROMA - Naomi aveva 9 anni quando sbarcò dal Sud America, appena capì che la stavano separando dai fratelli tentò di fuggire. Fu ripresa e portata in Italia. "Piangevo e venivo punita perché non parlavo bene italiano". Poi un giorno il giudice la convocò " e io dissi la verità: che in quella casa stavo male, allora mi insultarono e mi dissero di restituire i soldi che avevano pagato per l'adozione".

Vanessa aveva 8 anni quando arrivò dall'Est europeo, non sapeva che sarebbe stata adottata. "La famiglia dove ero capitata non era affettuosa, aveva un atteggiamento strano, mi facevano mangiare solo pasta, vedrai che ti ci abitui, dicevano". Non fu così. "Non mi facevano neanche uscire sul balcone. Un giorno chiamai di nascosto l'assistente sociale e le dissi di venirmi a prendere". La salvezza arrivò dopo sei mesi.

Naomi e Vanessa ora sono grandi, vivono in casa famiglia e non ne voglio più sapere di adozioni. Naomi pensa di farsi suora, Vanessa cerca un lavoro. A loro modo, comunque, ce l'hanno fatta. Le loro sono state storie di adozioni difficili, di amori andati a male, di famiglie non riuscite. Per incapacità di comunicare, per incapacità di amare.

Desiderati, cercati, attesi e poi restituiti. Sono i bambini adottati da paesi lontani mai del tutto accettati, sono quelli che non hanno superato gli ostacoli - l'allontanamento dalle origini, la famiglia straniera - che non si sono inseriti. "Sono pochi però i casi di adozioni di bimbi stranieri problematiche, circa l'1,7 per cento", spiega Melita Cavallo, presidente della Commissione adozioni internazionali.

"Abbiamo condotto una ricerca, è la prima realizzata in Italia, volevamo verificare se era fondato un certo allarmismo. In realtà le adozioni dal percorso critico sono poche e sarebbero superabili, l'importante è che i servizi siano in grado di garantire un vero sostegno e non limitarsi a fare i controllori, i vigilantes". La ricerca, realizzata dall'Istituto degli Innocenti, è stata fatta dal 1 gennaio '98 al 31 dicembre 2001, in quattro anni sono state 164 le adozioni internazionali andate male e 167 quelle italiane fallite, dunque in percentuale quest'ultime sono di più. L'80 per cento dei casi difficili sono state adozioni fatte senza l'aiuto di un'associazione, il 20 con associazioni non riconosciute. "Dobbiamo pensare che per i bambini adottati gli stranieri siamo noi, noi siamo gli anormali, quelli con abitudini diverse mentre molti genitori fanno difficoltà ad accettare le differenze culturali, le diverse radici, l'origine misteriosa", spiega Monica Vitolo, psicoterapeuta che ha collaborato alla ricerca. "Il ragazzino adottato è sempre molto sveglio, ha un istinto di sopravvivenza forte per questo a volte non sopporta i genitori, è abituato a fare da sé". E i genitori "spesso sono presi da uno stato d'ansia che diventa angoscia". Così accade che alcune coppie dopo aver lottato, pagato tanto per avere un bambino - un'adozione può costare anche 15/20 mila euro - lo restituiscono come un oggetto inutile, indesiderato. La maggior parte dei bambini restituiti rimarrà in casa famiglia, in Italia, una piccola percentuale invece viene adottata da un'altra famiglia e questa volta l'incontro è quello giusto. Sono più le femmine ad essere allontanate e i bambini brasiliani hanno il record del fallimento.

Frammenti di storie, di vite, di destini che s'incrociano. E desiderio di un figlio forse più simile: è cresciuta, secondo l'Istat, nel 2002, la percentuale di adozione di minori italiani rispetto agli stranieri, dal 33,2 per cento del 2001 al 37,6.

(Articolo di Marina Cavallieri)

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             Aggiornato il 13-08-2015