La stella polare: l'interesse del minore, che è il fine
dell'adozione e il criterio direttivo di tutta la materia minorile. La Corte di
cassazione ha ribadito con chiarezza questo principio, nel momento in cui ha
rivolto di recente un invito al legislatore italiano affinché valuti, nel
rispetto delle convenzioni internazionali alle quali il nostro Paese aderisce,
se consentire l'adozione anche a una singola persona e non più solo alla coppia.
In casi ben definiti e sottoposti al vaglio del giudice.
Quando ricorrerebbero
questi casi? Resta fermo che la presenza di entrambe le figure dei
genitori è necessaria: questa sarà sempre la soluzione preferibile. La completezza della famiglia, la sua solidità servono
allo sviluppo armonioso della personalità, al soddisfacimento dei bisogni
morali e materiali. Nella conferma del principio sta dunque l'importanza
della sentenza, non meno che nei suoi suggerimenti. Vi sono però situazioni drammaticamente irresolubili,
cui i giudici fanno riferimento. La pratica quotidiana lo conferma: alcuni
Paesi, travolti da crisi sociali e istituzionali, ospitano migliaia di bambini
in istituti dai quali non hanno prospettive di uscire. Tocca alla politica la
riduzione delle disuguaglianze, agli enti pubblici e ai privati il soccorso alle
famiglie in difficoltà, affinché la povertà non porti all'estrema perdita,
quella dei figli. L'adozione è, però, uno splendido strumento della generosità e
dell'affetto, una volta che si sia fatto ogni sforzo per far vivere i bambini in
famiglia ed evitare l'abbandono.
Ma quanti bambini attualmente abbandonati non arrivano
all'adozione, perché già grandicelli e "difficili" per i disagi patiti; o perché
malati gravemente o inguaribilmente? La maggior parte delle domande esclude la disponibilità
in queste situazioni. È possibile, in realtà, già oggi anche ai single ricorrere
alla cosiddetta "adozione in casi particolari", applicabile quando vi sia la
constatata impossibilità di un affidamento preadottivo. Essa però ha effetti
limitati, lascia i legami con la famiglia di origine, non inserisce pienamente
in quella nuova; potrebbe così dissuadere l'adottante.
Come si soddisfa meglio, allora, l'interesse del
minore?
Non, dice la Cassazione, negandogli l'adozione piena pur di salvare il principio
della preferenza per la coppia. In questo modo il bambino rischierebbe di
restare nell'abbandono, di non vivere e crescere nell'affetto almeno di un
genitore. Ci sono obiezioni alla tesi dei supremi giudici;
crescerebbe il rischio che si precostituiscano artatamente rapporti con singoli
per poi scavalcare la regola che preferisce la coppia. In tutta la materia
dell'adozione il pericolo dell'abuso è presente e va combattuto. Si risponde che
la legge dovrebbe prevedere tassativamente le particolari circostanze, desunte
dall'esperienza, per l'ammissibilità dell'adozione del singolo, restando sempre
al giudice di valutare se, fatta salva la prima scelta per la coppia, ci sia
spazio per quest'altra via. Nell'interesse del minore, appunto, che non è una
formula, ma un'esigenza fon-damentale. Ma allora la strada da battere sarà
innanzitutto quella della formazione, e del sostegno alle coppie perché adottino
anche i bambini non accolti. Se si guarda all'abbandono dei piccoli, ai suoi guasti
sul corpo e sulla mente, si capisce peraltro quello che la Cassazione ha voluto
suggerire, proponendo un pieno rapporto familiare anche con il singolo. Le
associazioni che si occupano di adozione hanno commentato con accenti spesso
preoccupati. Le paure di abusi sono giustificate. Ma, con la premessa della
preferenza per la coppia di genitori, esclusa ogni surrettizia equiparazione, il
problema può essere affrontato. Nell'interesse dei minori, spesso dei più
sofferenti.
a cura
di Adriano Sansa, presidente del Tribunale dei Minori di Genova