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La depressione post-adozione

Tutti lo sanno ma nessuno ne parla: la depressione post-adozione

Estratto da 'Donna Moderna' di Maggio 2006

Prima il sogno: la gioia per l'arrivo di un figlio tanto desiderato. Poi la realtà: un bambino con i suoi difetti, i suoi problemi, una storia spesso difficile alle spalle.
E così più di un genitore su tre va in crisi. E soffre di ansia, insonnia. Alterna rabbia e sensi di colpa. Un problema sottovalutato, che è ora di affrontare.

Molti genitori adottivi l'hanno provato sulla loro pelle. Prima il sogno, l'attesa, il sospirato arrivo di quel bimbo tanto desiderato. Poi la delusione davanti ai primi problemi, l'ansia, la paura di non farcela. Una cascata di emozioni che scatena la depressione post-adozione, qualcosa di meno di una malattia e molto più di un disturbo trascurabile. Colpisce centinaia di famiglie tra le oltre tremila che ogni anno in Italia prendono con sé un bambino straniero. Eppure nessuno ne parla. «Sappiamo quasi tutto della depressione post parto, il "baby blues" ormonale che fa soffrire le mamme naturali, ma pochissimo della Pads, la "Post adoption depression syndrome", un problema che riguarda il 65 per cento dei genitori che fanno una adozione internazionale» spiega a Donna Moderna Harriet McCarthy, responsabile della Eastern European Adoption Coalition, un'associazione americana per le adozioni che ha fatto la prima indagine sulla Pads. «In Italia non esistono ricerche, ma l'esperienza insegna che almeno il 30 per cento delle famiglie viene colpito dal problema» ammette Piergiovanni Mazzoli, psicanalista e responsabile di corsi di formazione per psicologi che seguono le adozioni. «La sindrome compare uno o due mesi dopo l'adozione e ha molti sintomi della depressione: malinconia, irritabilità, stanchezza, insonnia, perdita di vitalità». Una condizione che spinge la coppia a isolarsi e soffrire in silenzio e che bisogna riconoscere in tempo, per evitare che mamme e papa gettino la spugna.
Delusione iniziale La depressione, spiegano gli esperti, ha radici profonde. I genitori che fanno adozioni internazionali, infatti, sopportano lunghi anni di attesa, viaggi negli orfanotrofi all'estero, e si cullano per molto tempo con l'immagine di un figlio ideale. L'incontro con il bambino in carne e ossa spesso è un trauma.
«La coppia può provare un senso di estraneità» spiega Cinzia Riassetto, psicologa del Cifa, un'associazione per le adozioni internazionali. «Un sentimento prodotto dal contrasto tra l'immagine del figlio sognato, bello, sano e affettuoso. E il bambino reale, con i suoi difetti e la sua storia». Le difficoltà si moltiplicano all'arrivo del bimbo in Italia, quando emergono tutti i problemi dell'adozione. Quasi sempre i piccoli hanno vissuto l'abbandono da parte dei genitori naturali, maltrattamenti, violenze. Si tratta di bambini con vuoti affettivi, rancori e diffidenze che si esprimono attraverso comportamenti inattesi. «Il papa di Sorin, un bimbo rumeno di quattro anni, era in preda allo sconforto e alla depressione» racconta lo psichiatra Mazzoli. «Il figlio era bellissimo, ma aveva ritardi evolutivi. All'asilo non imparava nulla e faceva i suoi bisogni davanti a tutti. E il padre si sentiva disarmato di fronte a problemi di cui non conosceva l'origine».
Sentimenti contrastanti Un'altra radice della depressione sono i sentimenti contrastanti provati dai genitori. All'affetto per il figlio può subentrare l'aggressività e il risentimento. La mamma di Andrej, un bambino russo di 11 anni, non riusciva a farsi una ragione della sua disobbedienza. «Non accettava che il bambino non ri cambiasse con amore e rispetto tutto l'affetto ricevuto» spiega Piergiovanni Mazzoli. «In questi casi i genitori reagiscono con rabbia e aggressività. Salvo poi sentirsi in colpa e vergognarsi dei propri sentimenti. Un'altalena emotiva che alimenta la depressione». Delusione, chiusura al mondo, perdita di vitalità. Ma a volte il malessere dei grandi si esprime in modo inatteso. Come il ritorno anticipato al lavoro. «È un modo per fuggire dall'ansia: si ributtano in quello che era per loro la normalità, per dimenticare i problemi dell'adozione» spiega la psicologa Jolanda Galli, autrice con Francesco Viero del libro "Fallimenti adottivi".
La crisi della coppia L'arrivo di un bambino cambia gli equilibri all'interno della coppia. E può provocare invidie e gelosie che portano alla crisi tra i coniugi. «La frattura nasce di solito dalla preferenza del figlio per uno dei genitori: non è raro che la madre venga trattata come una nemica, perché ricorda la mamma naturale, quella che ha abbandonato il bambino» dice la psicologa del Cifa, Cinzia Riassetto.
L'incontro con un piccolo che ha molto sofferto può anche fare riemergere nei genitori adottivi vecchi traumi personali. E la coppia ne risente. «Una mamma, che aveva appena ricevuto una bambina rumena abbandonata dai genitori, era andata in depressione» racconta la psicologa Jolanda Galli. «Dopo alcune sedute di psicoterapia è venuto fuori che i genitori della donna, quando lei era piccola, l'avevano affidata per anni ai nonni. L'arrivo della bimba rumena aveva risvegliato la paura dell'abbandono».
Come guarire Ma solo raramente i sintomi della Pads si trasformano in una depressione grave, una malattia vera e propria. «Succede ai genitori più affaticati, quelli che hanno adottato due o più bambini contemporaneamente» dice la psicoterapeuta Jolanda Galli. «In questi casi è necessario fare un ciclo di psicoterapia e usare tarmaci antidepressivi». Più spesso la crisi può essere superata uscendo dall'isolamento. Attraverso i colloqui con gli psicologi della Asl e i gruppi di genitori adottivi. «Solo così le coppie scoprono che quelle difficoltà che a loro sembrano insormontabili sono normali, e condivise da molti altri» dice Melita Cavallo, ex presidente della Commissione adozioni internazionali. «Purtroppo i genitori adottivi sono "permalosi" e si chiudono nella coppia: temono, dopo i mille esami sostenuti per avere un bambino, di essere bocciati come educatori». L'importante è la prevenzione: mettere a punto un piano per affrontare le difficoltà. «Nei primi mesi i genitori devono imparare a gestire la risorsa più rara: il tempo» raccomanda Harriet McCarthy della Eastern European Adoption Coalition. «Consiglio a mamme e papa di chiedere un lungo congedo dal lavoro. E di dedicarsi con calma a quella novità che rivoluziona le loro vite. Ma è necessario che la coppia riservi almeno un'ora al giorno tutta per sé: il bambino deve capire che non c'è solo lui».

 

Donna Moderna - Redatto da Maurizio Dalla Palma

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             Aggiornato il 13-08-2015