Estratto da
l'ESPRESSO del 20 Ottobre 2005
GENITORI A OSTACOLI /
IL PROGETTO DEL GOVERNO
Voglio adozioni fai-da-te
Autocertificazione invece dei controlli del tribunale. E taglio dei
tempi per l'idoneità. Il ministro spiega la sua proposta. "Per me tutte le
coppie sono adatte"
Tempi più rapidi e burocrazia dimezzata per le
adozioni internazionali. È quel che promette Stefania Prestigiacomo, che come
ministra alle Pari opportunità è la responsabile della Commissione che da cinque
anni regola il traffico dei piccoli stranieri adottati in Italia. Per placare il
malumore delle famiglie costrette ad attese sempre più lunghe e per rispondere
al calo delle adozioni di quest'anno, Prestigiacomo ha presentato un disegno di
legge, già approvato da! Consiglio dei ministri e in discussione al Senato, che
qualcuno definisce un manifesto elettorale: le coppie, in sostanza, invece degli
attuali controlli preventivi disposti dal tribunale, si limiteranno ad
autocertificare la propria idoneità all'adozione. Ma queste norme stanno
raccogliendo anche molte critiche, in primo luogo fra esperti e associazioni del
settore.
Che cosa non funziona secondo lei nelle
adozioni internazionali in Italia? «Premetto che per me il quadro è positivo,
anche grazie a quel che abbiamo fatto in questi anni. Dal 2001 le adozioni
internazionali sono raddoppiate. Quel che non va sono i tempi lunghi per i!
decreto di idoneità. Siamo bersagliati da lettere dove gli aspiranti genitori
denunciano la lentezza e l'invasività degli interrogatori nella fase iniziale
del percorso, quando appunto devono essere sentiti varie volte da psicologi e
assistenti sociali».
E lei vuole togliere di mezzo questa indagine, con
l’argomento che nessuno fa gli esami ai genitori biologici e quindi
bisogna usare lo stesso metro con gli adottivi. Ma è più complicato il
rapporto con un bambino straniero, spesso grandicello, a volte
traumatizzato... «Io parto dal presupposto che
tutte le coppie sono idonee fino a prova contraria. Chi sceglie
l'adozione internazionale ha già fatto un suo percorso individuale, non
affronta un passo del genere con leggerezza. Mi sembra troppo
semplicistico e anche offensivo pensare di "formare" un genitore
adottivo attraverso i controlli dei servizi sociali. Noi abbiamo scelto
di semplificare il percorso. Sarà la coppia a presentare i documenti che
la riguardano, e poi a rispondere a un questionario scritto sulle
proprie attitudini. Il tribunale, che può contare su psicologi ed
esperti, valuterà i documenti, avrà dei colloqui con la coppia e
deciderà. Piuttosto vogliamo far intervenire i servizi sociali dopo che
il bambino è arrivato, perché effettivamente il primo periodo può essere
difficile».
Una storica associazione di genitori adottivi come l'Anfaa
la pensa diversamente. "Purtroppo ci sono aspiranti genitori non adatti.
Intervenire con un sostegno dopo, ad adozione avvenuta, è troppo tardi",
scrivono in un loro documento. E intanto il presidente dei magistrati
minorili, Pasquale Andria, sostiene che si “ corre il rischio di
adozioni meno garantite e meno trasparenti”
«Col sistema attuale il 97 per cento delle coppie ottiene l’idoneità, la
parte restante quasi sempre ricorre in appello e la ottiene ugualmente.
Se ci sono “aspiranti genitori non adatti”, quindi, l’attuale sistema
non è in grado di individuarli. Noi abbiamo proposto che le indagini, se
necessarie, potranno sempre essere fatte proprio dai giudici che devono
dare l’idoneità. I giudici, quando lo ritengono opportuno, possono
avvalersi degli organi della pubblica amministrazione. D’altra parte
credo che si ottengano notizie più utili da un certificato penale che da
interrogatori indiscreti sulla psiche o i desideri delle persone. E poi
non è vero che c’è contrarietà sulla riforma. Ho avuto apprezzamenti da
molti entri autorizzati ed anche dall’opposizione».
Resta il fatto che i paesi stranieri per le adozioni
chiedono relazioni sempre più dettagliate. Se la legge passerà
forniremo un quadro più povero, mettendo a rischio le adozioni stesse.
«Se sarà necessario aumenteremo la
documentazione. Ma in compenso abbrevieremo finalmente i tempi di
attesa».
Veramente gli esperti sono abbastanza concordi nel
ritenere che i tempi lunghi non dipendono tanto da quel che succede in
Italia, quanto nei paesi stranieri. Basta che alcuni di loro chiudano il
rubinetto, come è successo da poco con l'Ucraina o due anni fa con la
Romania. «A dire il vero le coppie lamentano e
anche molto le lungaggini in Italia. Attendere oltre un anno in media
per avere l'idoneità non è giusto. E su questo noi siamo intervenuti.
Noi possiamo incidere soprattutto sull’ iter in Italia. Per quanto
riguarda la situazione all'estero posso annunciare che proprio in questi
giorni la presidente della Commissione per le adozioni internazionali
Roberta Capponi è riuscita a ristabilire un rapporto con l'Ucraina e che
la situazione si sbloccherà presto. Con la Romania nel 2003 avevo
ottenuto 105 adozioni andando in missione a Bucarest. Purtroppo quel
paese ha voluto darsi una legge che in pratica proibisce queste
adozioni. Adesso stiamo cercando di sbloccare molte adozioni già avviate
in Bielorussia. Insomma, la piccola battuta d'arresto dei mesi scorsi
dovrebbe essere finita».
Si dice che è sbagliato fare semplici protocolli come
quello con i rumeni e non stringere accordi come fanno molti altri paesi
europei, che così hanno una prospettiva più sicura.
«È una critica vuota di contenuto. Il protocollo d'intesa
precede l'accordo ed è sufficiente ad aprire i canali dell'adozione. Gli
accordi richiedono procedure più lunghe. E se poi un paese decide per
una politica restrittiva non c'è accordo che tenga. E’ più importante
avviare queste collaborazioni, e anche sostenere gli enti e le
associazioni che poi devono operare nei vari paesi».
Sugli enti si sentono molte critiche. Sono trop pi,
spesso non avvertono di quanto sarà lunga l'attesa, e i costi lievitano
in corso d'opera. «Gli enti sono uno dei
settori in cui abbia mo cominciato a mettere ordine. La Commissione
adozioni internazionali è oggi in grado di controllare in tempo reale,
attraverso un collegamento informatico, l'iter di ogni pratica di
adozione. È un'operazione di trasparenza molto importante, a cui si
aggiunge il tariffario che stabilisce il tetto massimo di spesa per ogni
nazione. Nel 2001, in seguito a varie denunce dove si parlava di
adozioni costate 100 milioni e di famiglie che avevano ipotecato la
casa, avevamo fatto un'indagine conoscitiva sui costi e abbiamo deciso
di calmierarli».
Le denunce di richieste sottobanco continuano. E resta
il fatto che le adozioni internazionali possono permettersele solo le
famiglie che hanno un buon reddito. «Per
affrontare questo problema l'anno scorso abbiamo messo a disposizione 10
milioni di euro per rimborsare parte delle spese alle famiglie meno
abbienti. Nella Finanziaria di quest'anno la misura è andata a regime e
sono previsti 10 milioni l'anno per i prossimi tre anni».
Insomma, lei sembra soddisfatta di quel che avete
fatto finora. Ma ci sono ancora varie cose che non vanno. Per esempio,
grazie alla Bossi-Fini, i bambini adottati che arrivano in Italia devono
chiedere il permesso di soggiorno. E se sono appena un po' grandicelli
gli si prende anche l'impronta digitale. «È un
problema che va superato, è avvilente per la famiglia, anche se riguarda
bambini in arrivo dai pochi Stati. Se ne occuperà il testo unico
dell'immigrazione».
Perché secondo lei aumentano le richieste di adozione
internazionale? «Probabilmente gioca
l'emergenza che riguarda i bimbi italiani ancora negli istituti. on
conosciamo ancora esattamente il loro numero. E vorrei anche sapere
perché tanti non vengono dichiarati adottabili».
Crede che l'aumento delle richieste di adozione
dipenda anche dalle restrizioni della legge sulla fecondazione
assistita? «Ho sempre rifiutato di considerare
l'adozione e la fecondazione assistita due scelte sovrapponibili e
trovavo offensivo nei confronti delle donne certi inviti insistenti ad
adottare. È possibile che molte provino tutti e due i percorsi,
soprattutto con la nuova legge 40. Ma è difficile essere sicuri che sia
proprio così».
colloquio
con Stefania Prestigiacomo di Chiara Valentini