- Nella serata del 31 Ottobre,
la Dott.ssa Trasforini, psicologa,
ci ha aiutato a comprendere, analizzare e rispondere ad alcune
delle domande tipiche dei figli adottati, circa le loro origini
e la loro storia.
- E’ nostro il compito, il piacere ed il dovere
di trovare gli spazi per parlarne, ma quando e come?
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- Molte volte sono i bambini
stessi a fornire lo spunto con domande più o meno dirette, a
volte sono i genitori che possono prendere l’iniziativa, ma è
fondamentale farlo.
- Con parole che vengono dal
cuore, con semplicità ma anche con coerenza, perché il bambino
percepisce le nostre esitazioni, non ce lo dirà ma porterà con
se le nostre incertezze che diventeranno le sue insicurezze. Pur
non esistendo un’età precisa per iniziare a raccontare le
origini, già dai tre anni il bambino è in grado di elaborare la
sua storia, fatevi aiutare dalle fiabe, nelle quali sarà il
protagonista e l’eroe, e si sa, le fiabe hanno sempre un lieto
fine!
Nel momento scelto dal
genitore il bambino potrebbe non essere pronto e ve lo farà
capire. Accogliete il suo segnale, che non significa che non
vorrà mai sapere, ma che non è ancora il momento giusto. Col
passare del tempo le domande non termineranno, ed il vostro
racconto si adeguerà all’età.
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- Ma cosa raccontare?
- Anche nel caso (raro) in cui conosciate tutto
del suo vissuto, dovrete scegliere cosa raccontare ponendovi
sempre come obiettivo principale il benessere del bambino.
- Ad esempio è importante fargli sapere che
è nato da un incesto?
- Che valore aggiunto, e quale maggiore
consapevolezza di sé potrà portargli? Forse nessuna!
- E’ importante mantenere il legame dei
bambini con la terra di origine: perché è parte di loro, del
colore della loro pelle, di una storia che hanno vissuto e
che ricordano. Anche se sono partiti piccolissimi,
conservano delle sensazioni, una memoria somatica, che
avvertono ancora prima di essere nati.
- Lo stesso vale per il nome: Marcos, Julio,
Andrea… il nome fa parte di loro, se vorrete cambiarlo il
bambino lo accetterà, ma penserà che gli sia stato tolto
qualcosa.
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- Ma cosa dire di chi li ha
procreati?
- Inventarsi una storia? Raccontare la verità
anche se crudele? Mettere su un piedistallo chi ha abbandonato
un figlio perché comunque è grazie a questa signora che abbiamo
potuto incontrare nostro figlio?
- Bé, come insegnano tutti gli psicologi, i "veri genitori" sono coloro che si prendono cura
del bambino, che dedicano la loro vita per farlo sentire sicuro,
vederlo crescere, aiutarlo a trovare serenità ed autostima.
- Anche se conoscete la storia di chi ha messo
al mondo vostro figlio, mantenete una certa neutralità, non fate
pensare al bambino che sarebbero stati una mamma ed un babbo
perfetti , perchè la realtà è ben diversa. Ma nemmeno
denigrarli, perché non si senta colpevolizzato di essere nato da
persone ‘poco di buono’, come nella maggior parte delle storie.
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- E se non conosciamo tutta
la sua storia?
- Meglio ammettere tranquillamente di non
conoscerla. Per l’adozione nazionale questo è frequente; ad esempio, il giudice può
decidere di non fornire informazioni ai genitori adottivi. In
caso di gravi motivi il figlio a 18 anni può richiedere
l’incartamento, altrimenti deve attendere fino all’età di 25
anni. Ma anche in questo caso il giudice potrebbe aver eliminato
la maggior parte delle informazioni considerandole dannose per
la salute mentale della persona.
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- E se è il bambino che vi
rivela qualcosa di spiacevole che non sapevate?
- Vivete e gestite insieme a lui il suo dolore
rassicurandolo, con parole e gesti, che non si ripeterà mai più,
e che nessuno gli farà più del male e che il babbo e la mamma
lo proteggeranno per tutta la vita.
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- Saranno la vostra
sincerità ed il vostro amore le migliori medicine per curare le
sue ferite.